Lezioni frontali (9 CFU + 1 CFU esercitazione):
I. Nascita e sviluppo della selvicoltura, dall’antichità ai nostri giorni. Evoluzione del concetto di selvicoltura (selvicoltura classica, naturalistica, sistemica, adattativa). La selvicoltura oggi. Descrizione dei popolamenti forestali (analisi struttura e composizione)
II. Definizione e concetto di forma di governo a fustaia, ceduo, ceduo composto. Sistemi selvicolturali, governo e trattamento dei boschi. Obiettivi e caratteristiche delle cure colturali. I tagli intercalari: sfolli e diradamenti. I sistemi di diradamento: caratteristiche, modalità (tipo, grado, epoca di inizio e intervallo di ripetizione) e campo di applicazione. Effetti dei diradamenti e limiti di applicazione
III. Il taglio a raso: generalità e modalità esecutive. Presupposti di natura ecologica ed economica. Aspetti ecologici: radiazione solare, temperatura, disponibilità idriche. Caratteristiche dei soprassuoli, Possibilità e limiti di applicazione. I tagli successivi: presupposti e finalità. Presupposti di natura ecologica ed economica per una loro applicazione. Modalità di applicazione. Caratteristiche dei soprassuoli. Vantaggio e svantaggi del sistema a tagli successivi. Il sistema a taglio saltuario: origine ed evoluzione nel tempo. Presupposti di carattere ecologico. Struttura e dinamismo dei popolamenti. Modalità esecutive e caratteristiche delle piante. Caratteristiche dei soprassuoli. Vantaggio e svantaggi del sistema a taglia saltuario. Il taglio a scelta: caratteristiche e campo di applicazione. La selvicoltura sistemica e il trattamento a tagli modulari.
IV. Governo a ceduo. Biologia del ceduo e aspetti ecologici. Ceduo semplice, matricinato e composto. Vantaggi e svantaggi del ceduo. Il ruolo del ceduo nella selvicoltura italiana. Le conversioni. Obiettivi e metodologie. Ruolo e significato di questi interventi. Le trasformazioni: possibilità e limiti di una loro attuazione. I boschi di neoformazione, loro caratteristiche e problemi di gestione.
V. La selvicoltura è un’attività i cui effetti si manifestano in tempi lunghi (anni, decenni e secoli) e su ampi spazi (in particolare, ad esempio, su tutto il bacino imbrifero a valle). È quindi evidente che questa attività è razionalmente gestita solo nel contesto di una più complessiva pianificazione della gestione del territorio. Il quadro generale della pianificazione territoriale è dato (o dovrebbe essere dato) dal piano paesaggistico. Più recentemente si è affermata la necessità di definire livelli intermedi di pianificazione atti a collegare in modo effettivo il quadro paesaggistico alle realtà imprenditoriali e di gestione forestale locale. L’esempio della Sardegna è particolarmente apprezzato. Il Piano Forestale Ambientale Regionale (PFAR-RAS D.G.R. 3/21 24/01/2006)
VI. Aspetti generali della selvicoltura nel piano basale o mediterraneo. Cenni sulle formazioni di macchia mediterranea , querce sempreverdi (leccio) e sui pini mediterranei (pino domestico, pino d’Aleppo, pino marittimo).
VII. Le sugherete e la loro gestione. Interventi selvicolturali di recupero e ripristino in sugherete degradate da fattori di disturbo abiotici e biotici
VIII. Aspetti generali della selvicoltura in ambiente planiziario e nel piano submontano. Le querce caducifoglie (roverella, farnia, rovere e cerro), il castagno. Cenni sulle principali latifoglie correlate alle querce (carpini, frassini, aceri).
IV. Aspetti generali della selvicoltura nel piano montano. Il faggio, l’abete bianco, l’abete rosso, il pino silvestre. I pini neri. Le latifoglie correlate ai boschi di faggio e di abete (frassino maggiore, tigli, ciliegio, aceri). La gestione dei boschi di neoformazione.La rinaturalizzazione dei rimboschimenti di specie esotiche.